Gaetano “Tanio” Belladama: Poeta

… più che “bamboccione”, nonna Caterina mi volle chiamar presto “bambolone”, forse perché, appena nato, il mio peso, appena per 40 grammi, non superava gli 8 chili…!
Lamezia Terme, un tempo Nicastro, volle, con l’aiuto dei nonni, permettere di dare, ancora rampollo, un significativo valore di me, attraverso… la rampa scolastica… dopo la quale fu il lancio nella propria attività che, comunque, per il non occasionale incontro di mille personaggi, in più regioni, diede deciso impulso a testimoniare, sia con la penna, sia col pennello,  del mio mondo, quello interiore, fatto di colori e versi nei quali… quasi scopro di esserci vissuto, ma da sempre.

E in quello stesso “mondo”, …parco non sia per niuno.., frantumo ogni incertezza per collocarmi in una spiritualità antecedente a me stesso, nella quale è vano ogni pur minimo velleitario desiderio di satollarmi in materia, il qual decorso muove ad una ascesa che permette, oggi, la visita di una dimensione nella quale nulla monotonia sarà mai capace di attecchire.

Recapito dell’artista:

Cell: 3285829493

Alcune poesie

 

Zuleika

Al dolore cieco
di una madre,
il tuo ricordo
risponde per
lenire l’appello
che continua.

Alla voce sorda
di un padre,
il tuo nome
fa eco per
sposare il silenzio
che rimane.

Al cheto sussurro
dell’amore in terra,
la tua storia,
bianca e nuova,
lascia in vita
ogni speranza!

°°°

Donna

…là, dove la luce
si confonde alla prima sera,
per un’ombra che si adorna
al ritorno della notte,

torna, nuovo, quell’attimo
d’intimo vigore,
per il desio che avvince
nello scoprirti eterna…!

Allora e d’incanto,
ogni cosa ti appartiene,
madre e fautrice
di un sentimento antico
che valica le porte
dell’umana storia e
ti annuncia a quel Dio
che, mille volte
candidato alla vergogna,
ti plasma dentro
perché si spenga
ogni traccia di
ultimo timore…!

…Là, dove tu donna
ti prepari al
primo approccio
per un’ombra che
si adagia al
gioco della notte,
torna, nuovo, quell’attimo
d’intimo abbandono
a sussurrarti, l’anima,
quel canto ch’empie,
ancora, questo core…!

°°°

Pace

Un rintocco di squilla, assai remoto,
ridesta in core l’ora della prece
e giù, dai tetti, a rinnovare il voto,
son l’ombre sorde e madide di pace.

Pace di membra all’uomo che, sì stanco,
s’adopra e ripropone con un prezzo,
sapendo che, a sostegno, lì al suo finaco
v’è sola donna capace d’ogni vezzo.

Pce di gloria all’eroe che oltraggio
lasciò, nel petto, traccia della storia
e riparlar di gesta e di coraggio,
oggi son briciole dal sapor di boria.

Pace di giusto ad ogni condannato
cui verde speme resta solo quella
che, già illudendo, in sogno, lo suo fato
dipinga, in seno, il superar di cella.

Pace di luce a chi, mai più veggente,
non smette di abbracciare suo destino,
sì che già pronto, a ridondar di niente,
resti altro esempio, pregno del divino.

Pace diletta che giovi, mista a sogni,
al bimbo che, per primo, si addormenti,
chè ninna-nanna, storia d’altri regni,
conduca a lieto fine e non spaventi.

Pace d’intenti all’uomo sereno
or più convinto ch’altro dolore
quello terreno, non faccia scalpore!

°°°

Luna

Cheta, tranquilla, testimone in cielo
col nembo che, giocondo, ti copre del suo velo,
lassù rifulgi d’un quarto o mezza in volto
e, a chi t’invoca, tu presti muto ascolto.

Bianca, superba, al tempo assai gioconda
t’adorni a specchio nel fragor dell’onda
lasciando illusi, fra brusio di stelle,
i verdi amori simili a novelle.

E allor che assente, nella notte fonda,
il grillo, in terra, par non ti risponda
altro stupire il mondo rimane tuo diletto
e ti proponi “nuova” al suo cospetto.

Poi quando, stanca, scopri che l’aurora
sta per supplirti una volta ancora
sospiri muta e riprendi l’argento
servito a tingere il notturno evento.

Te’n vai da su nel cielo col bisogno
di riportar l’incanto nel tuo regno,
che voce canti, la sera alla laguna,
un’altra ninna e un poco di fortuna!

°°°

Ave Maria

Vè solo d’uso, intorno, nella sera,
chè spirito già, si muova alla preghiera
e Tu, “Madre Celeste”, eterno Amore,
sussurri brezza al dimandar del core.

Vò, di mio canto, a chiedere tuoi doni
chè, tanto, ogni peccato si perdoni
per pronta ingiuria dal sapor di boria
presto a finir pel ridondar di gloria.

Vocarti, allor, rimane sola speme
chè in petto sia, col voto che si freme
e l’uomo, a te sincero, porti luce
laddove che, a morir, non sia la pace.

Voce altra nuova vesta nel candore
chè laude porti a “Lui”, nostro Signore,
pel forte, puro anelito, già segno
di nuncio a noi, “Gesù”, figlio Tuo degno!

 

°°°

Cristo

Quando, d’intorno a me,
brilla una sol face,
e,  con l’animo rechino,
ritrovo quella pace
che, sempre si finisce
col mattino, m’accorgo
che, intento nella prece,
io m’avvicino a Te,
oh Cristo,
eppure non ti ho
ancora visto…!

Allor ti cerco, in
modo mio saltuario,
in quel grosso e
difficile tuo frasario
laddove spicca la
parola, “Fede” e,
a colui che, in fondo,
poi ci crede,
tu fai promessa
dell’eterna vita
ma, intanto oggi,
nella grande ressa,
qualcuno già
ti tocca con le dita.

Io non ti ho visto,
neppure ti ho toccato
e, grande, in cor mi resta
il peso del peccato;
Sei l’unica speranza,
sapore di mistero
e sol con la costanza
ritrovo che sei “vero”!

 

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